PROGETTO SCUOLA ELEMENTARE 2011/2012 – 6 Dicembre 2011

Con il progetto “Percorso ad immagini”, realizzato per il secondo anno consecutivo, grazie alla collaborazione della Residenza Santa Margherita ela Scuola Primariadi Villanova, si è voluto questa volta ricostruire la storia del paese di Villanova, attraverso lo studio della cronaca del passato e, soprattutto, delle famiglie Persico, Stucki e Marzotto. Uno scambio intergenerazionale che ha visto la condivisione, tra ospiti e ragazzi, di capitoli di storia i cui contenuti spesso non sono presenti nei libri ma bene impressi nella memoria degli anziani che li hanno vissuti in prima persona.

In un primo incontro gli ospiti hanno letto un testo ai bambini, mostrando loro anche delle foto di vita passata per meglio rendere l’impressione del contesto, confrontandosi successivamente con reciproche domande e riflessioni.

Durante una seconda visita i bambini hanno realizzato, assieme alle indicazioni degli anziani, dei disegni a tema in cui hanno rappresentato la realtà del Paese.

Gli obiettivi degli incontri sono stati la realizzazione di un confronto intergenerazionale, la valorizzazione del sé degli anziani, la motivazione all’espressività dei bambini, che hanno appreso anche dall’esperienza degli ospiti elementi della storia del proprio Paese.

Le opere eseguite dai bambini sono esposte nel parco della struttura, dove è stato costruito un percorso ad immagini osservabile da ospiti, familiari e visitatori durante le passeggiate, rendendo sicuramente più piacevole il tragitto dal punto di vista visivo.

Doverosi e sentiti i ringraziamenti alla classe V^A della Scuola Primaria di Villanova e alla loro insegnante Villotta Annalina, che hanno partecipato con entusiasmo e spirito di collaborazione al progetto proposto.

 

Grazie quindi agli artisti autori dei disegni che sono:
Giada, Marco, Daniele, Matteo, Cristine, Nicolò, Dario, Mara, Chiara, Raissa, Elena, Giorgio, Riccardo

Il direttore
Bertrand Barut

Le educatrici professionali
Stefania Colla, Roberta Vidus Rosin e Valeria Moretto

 

Siamo partiti da un testo realizzato durante il Boccolo, giornalino della struttura, che di seguito riportiamo:

Prima ancora della costruzione della piazza di Villanova, documenti antichi riportano che i capi famiglia maschi si incontravano presso la quercia di fronte alla Chiesa di Sant’Antonio per discutere in consiglio, detto “vicinia”, delle questioni che preoccupavano le diverse fami­glie del territorio. I capi famiglia prendevano delle decisioni e infliggevano anche pene a chi non rispettava la volontà della maggioranza. A quel tempo Villanova era un paesaggio caratterizzato d’acqua, una tenuta completamen­te coperta di fango, acque stagnanti non molto profonde e vegetazione sub-acquea: le terre quindi non erano coltivabili, l’acqua non poteva essere bevuta perché sporca. Era praticamente uno spazio paludoso che si estendeva nei paesi di San Michele, di Fossalta, di Portogruaro e Concordia e giù giù verso il mare. Qui e là c’erano isole di terra in cui gli uomi­ni costruivano dei casoni fatti di paglia, con il pavimento in terra battuta che rimaneva coper­to d’acqua quando i canali tracimavano per le piogge. All’interno dei casoni non c’erano i camini per fare uscire il fumo del fuoco che si accendeva all’interno, fumo che usciva invece dalle finestre, che spesso erano senza vetri. Non esistevano le strade, la gente si spostava da un luogo all’altro attraverso le vie d’acqua interne, come il fiume Lemene o alcuni Canali, navigati con le tipiche imbarcazioni da palude dette burchi. I poveri abitanti dovevano lottare anche contro la malaria, una malattia che si prendeva dopo essere punti da una zanzara, chiamata anofele, presente nella palude. A causa della malaria le persone avevano sempre la febbre e non avevano la forza per lavora­re. Molti erano anche gli ammalati di pellagra, una malattia dovuta al fatto che le persone man­giavano solo polenta fatta con farina di mais. Quando l’Italia divenne un paese unito, nel 1861, le zone dove noi abitiamo erano ancora delle paludi, fino a quando la famiglia dei Persico, proveniente da Portogruaro, si interessò a iniziare le opere di bonifica per togliere le paludi e rendere il terreno coltivabile. Si formarono le Unioni Agrarie, cioè gruppi di padroni di terre che diedero i loro soldi per pagare uomini che dovevano costruire canali e fossati che si riempivano di tutta l’acqua che copriva la palude: si formarono così tanti campi completamente asciutti in cui piantare nuovi prodotti agricoli. Gli uomini che bonificarono la palude venivano chiamati “scariolanti” in quanto partivano al mattino muniti di carriola e pala e per tutta la giornata scavavano nel fango. (Nella piazza di Concordia Sagittaria c’è un monumento dedicato agli scariolanti, chiamato amichevolmente “Toni dell’acqua”). Nel 1903 la proprietà delle terre di Villanova passò alla famiglia veneziana Stucky che molto contribuì alla formazione del paese. Ad ogni contadino il Cavaliere Giovanni Stucky diede un pezzo di terra da lavorare, una casa con granaio di cemento con vicino una concimaia, una stalla con le mucche. Fece mettere nelle finestre di case e stal­le una reticella in metallo per evitare che le zanzare anofele entrassero nelle abitazioni. I lavori di bonifica, assieme alla distribuzio­ne del chinino, l’unica medicina esistente al tempo contro la malaria, continuarono per altri anni a spese di Giovanni Stucky, che così tolse i quattrocento abitanti di Villano­va dallo stato di estrema povertà. Con il miglioramento della loro vita, gli abitanti cominciarono a sentire la necessità di sod­disfare i propri bisogni di religiosità e stare assieme agli altri e nel 1913 si costruirono anche una chiesa, poi un asilo, case per gli impiegati, una stalla molto grande, che assicuravano alla borgata di Villanova una vita umanamente confortevole e buone prospettive per migliorare le condizioni economiche generali. Venne costruita anche una scuola, all’inizio la situazione non fu semplice: molte famiglie non capivano l’importanza di mandare i figli a scuola, preferivano portarli a lavorare nei campi. Spesso il maestro andava di casa in casa a prendere gli alunni. Giovanni Stucky, per amore verso la campagna, il progresso, e desideroso di aiutare i lavora­tori, fece cose impensabili per la gente del posto: utilizzò un impianto di energia elettrica a spesa di carbone per attivare le macchine agricole, fece costruire tre bei silos per la conservazione dei mangimi, dei pozzi artesiani per dare acqua potabile a persone e animali. Fece coltivare frumento, barbabietole, piante mediche per cibare le mucche, piante di gelso per nutrire i bachi da seta, viti per produrre buon vino. Fece costruire una latteria per produrre burro e formaggio. Tutte queste novità portarono le persone ad avere più fiducia nel futuro, tanto che cominciarono a sentire il desiderio di fare delle feste in occasione della raccolta del grano e dell’uva, feste in cui tutti si trovano nella piazza per condividere la felicità e la speranza. Dopo la tragica scomparsa di Giovanni Stucky, assassinato a Venezia davanti alla stazione dei treni da uno squilibrato, nel 1930 la proprietà del paese di Villanova, che era diventato ormai una comunità di persone, viene acquisita dal Conte Gaetano Marzotto. Marzotto trasformò la realtà contadina e sociale avviata da Giovanni Stucky in un posto dove costruire, nelle distese di campagna, attività industriali, ponendo fine per sempre all’epoca della cosiddetta “civiltà contadina”. Gaetano Marzotto fece costruire industrie di lino e cotone, di vetro, di vino, di zucchero, ha provveduto a tutti i bisogni degli operai costruendo ancora case, poliambulatorio, men­sa aziendale, negozi di alimentari, il forno del pane, un albergo con piscina, strutture sportive e ricreative come un cinema. Gaetano Marzotto pensava che per avere le donne operaie al lavoro nelle sue fabbriche, in cambio do­veva prendersi cura degli anziani e dei bambini, e per questo fece costruire un asilo infantile e una casa di riposo. Tutte le attività sociali sono state costruite attorno alla piazza, che diventò sempre di più un centro di incontro e di aggregazione per trascorrere il tempo, ma anche luogo in cui discutere di economia e poli­tica. Tutti gli edifici realizzati attorno alla piazza vennero costruiti dagli stessi paesani, che ebbero la possibilità di lavorare come muratori e di provare un profondo orgoglio per aver contribuito all’abbellimento del proprio paese. La chiesa venne arricchita con nuove e importanti opere d’arte, che servivano a educare il cre­dente ai principi della fede, come le vetrate istoriate di Luigi Dinetto che spiegano la cate­chesi dei misteri del rosario, quelle di Pino Casarini che insegnano l’importanza delle opere di misericordia, o la sacralità del lavoro rappresentata nel rosone della facciata, a glorificare l’anima del paese dedita alla produttività. La piazza di Villanova quindi è un esempio di luogo identitario, realizzato cioè da una popo­lazione che in quel posto ha trovato lavoro, formato la propria famiglia, costruito relazioni sociali, vissuto esperienze di scuola e di religione. Dobbiamo fare i nostri sinceri complimenti ai bambini, molto attenti e soprattutto per nulla intimoriti dalla nuova situazione, anzi, hanno fatto tantissime domande e accolto con curiosità tutti i nostri spunti riflessivi! In particolare, ci si è soffermati sul valore della piazza come centro aggregativo e identitario per la comunità, un luogo di incontro e di scambio con i suoi aspetti simbolici come la chiesa, il suono delle campane che ogni domenica mattina ricordava ai fedeli di andare a Messa, il monumento ai caduti, il comune, il mercato.

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